Pubblicato su I Piaceri del Gusto – aprile 2025

Formaggio e vino da sempre insieme

Quando ci si siede a tavola, che si tratti di un aperitivo o di un pasto vero e proprio, formaggio e vino sono un’accoppiata vincente e consolidata.
Ma esiste anche un ambito del comparto produttivo caseario nel quale questi due prodotti agricoli si incontrano in modo sinergico, dando luogo a risultati del tutto nuovi: il mondo dell’affinamento. Si tratta di una speciale fase di stagionatura durante la quale, oltre a controllare le condizioni ambientali di umidità e temperatura, l’affinatore tratta i formaggi con ingredienti e tecniche orientate a modificarne la struttura e le caratteristiche sensoriali di base.

Così vini, vinacce, mosto, ma anche passiti e grappe diventano protagonisti di quel filone di formaggi ubriachi, nati per caso, così come i formaggi di fossa, dalla necessità di nascondere i caci dalle razzie durante la Grande Guerra.

Storie di produttori

Tra i primi a rendere i formaggi affinati nel vino una creazione gourmet in senso moderno c’è Antonio Carpenedo, che a metà degli anni settanta nel trevigiano cominciò le sue sperimentazioni in cantina di stagionatura proprio con un vino, il raboso, contribuendo al contempo a delineare i primi tratti della professione stessa di affinatore nel nostro paese, ad oggi non ancora del tutto definita.
Da allora La Casearia Carpenedo ha sviluppato numerosi affinati, su tutti il Blu ’61: un erborinato vaccino con mirtilli rossi e raboso passito, nato per celebrare le nozze d’oro del fondatore e diventato ormai iconico nel mondo degli affinati.

Nel Nord-Ovest invece, tutto sembra essere nato da una piccola produzione. Prendendo spunto proprio da un formaggio ubriaco assaggiato in una fiera vicino Venezia, Fiorenzo Giolito, selezionatore di Bra (CN), mise a punto la sua personalissima versione: il Braciuk, Bra DOP tenero affinato in barriques con vinacce di barbera. “Penso di essere stato il primo in Piemonte a unire il mondo caseario con quello del vino, erano i primi anni novanta”, racconta. Oggi ne produce circa 150 forme all’anno, in collaborazione con le cantine Ascheri e F.lli Rabino.

Per Andrea Magi, affinatore di Castiglion Fiorentino (AR), “affinare significa trasformare un formaggio dal punto di vista organolettico e strutturale per renderlo un esperienza”. In linea con questa filosofia anche il suo ultimo progetto recentemente presentato insieme alla cantina Dievole del Chianti: “l’Orizzontale di pecorini”. Si tratta di uno stesso lotto di classici pecorini toscani presentati con 3 tecniche di affinatura diverse: con mosto di uva sangiovese, con fecce di trebbiano e con pasta di noccioli di oliva.

Tecnica, territorio, sperimentazione e spesso circolarità: ecco cosa si nasconde dietro a un formaggio affinato col vino.

di Maria Cristina Crucitti

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