A circa 40 km a Sud di Lione c’è un piccolo paese di nome Condrieu, incastrato tra il fiume Rhône (Rodano) e le colline del parco naturale del massiccio del Pilat. Agli amanti del vino probabilmente il nome Condrieu non giungerà nuovo, in quanto denominazione di un meraviglioso bianco. Lo stesso paesino, sede di uno storico mercato, dà il nome anche a un minuscolo formaggio di capra, prodotto nelle colline retrostanti: la Rigotte de Condrieu AOP.

La “Rigotte” non è una ricotta

Nonostante il nome possa ingannare, questo formaggio non ha nulla a che vedere con ciò che noi in Italia chiamiamo “ricotta”: non si produce col siero, ma con latte crudo di capra, acidificando a lungo e coagulando lentamente in 22-24 ore. La cagliata si estrae con delicatezza à la louche, con un piccolo mestolo adatto a depositarla nelle altrettanto piccole fuscelle. Un lavoro certosino, così come i vari rivoltamenti di queste formine lungo l’arco della giornata. Il risultato dopo 8 giorni tra asciugatura e stagionatura è un formaggio di circa 30 grammi, dalle note aromatiche lattiche, che nelle successive 5-6 settimane è capace di mostrare un’incredibile evoluzione.

Di settimana in settimana passa da una pelle color avorio al velluto di muffe bianche, alle sfumature azzurre, familiarmente chiamate le bleu, con note di fungo e nocciola e una struttura via via più compatta. I produttori al momento della vendita le dispongono suddivise per stagionatura componendo un arcobaleno profumato. La Rigotte fino ai 15 giorni è perfetta per preparare gli chèvre chaud, al forno su pane tostato, oltre è da assaporare ad occhi chiusi per coglierne ogni sfumatura.

Le sue origini risalgono al 18esimo secolo e sembra che il nome derivi da “rigol” o “rigot”, rigagnolo, dai piccoli corsi d’acqua diffusi nei pascoli della zona del Pilat. Qui sono una quindicina i produttori, perlopiù aziende agricole che allevano capre e trasformano direttamente il loro latte.

Più che un formaggio, un luogo del cuore

Proprio in una di queste aziende, ormai 15 anni fa ho imparato molto di quello che so sulla gestione di un gregge di capre, sull’intensità delle relazioni tra umani e animali, su come si conduce un’azienda agricola di filiera corta. Lavorando alla Ferme des Pampilles ho soprattutto sentito sulla mia pelle ciò che avevo solo immaginato sulla carta di un progetto: quanto si possa amare il mestiere e la vita da casara agricola.

Ogni anno in questo periodo penso spesso a quella fase della mia vita, era primavera quando sono stata lì per la prima volta. Avrei voglia di godermi la Rigotte in tutte le sue gradazioni di colore/stagionatura, magari sorseggiando un calice di Condrieu in un bistrot di paese apparentemente in mezzo al nulla.

Conosco solo un posto dove è possibile farlo.

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