Pubblicato su I piaceri del gusto – luglio 2023


I formaggi possono essere potenti custodi di emozioni: quando incontrano momenti vissuti hanno un’altro sapore.

  1. Ricotta di pecora – Reggio Calabria: Quella nelle fuscelle di vimini, il primo latticino di cui ho memoria. Fresca, sapida, intensa e avvolgente. Chi dice che la ricotta non sa di niente non sa di cosa parla.
  1. Mozzarella di Bufala Campana DOP – Caserta (NA)
    Trasportata dagli amici di Napoli in una scatolina di polistirolo e mangiata anche a mezzanotte, perché metterla in frigo è un delitto.
  1. Ossolano DOP – Val Vigezzo (NO)
    Weekend coi compagni di università: pellegrinaggio alla latteria del paese, passeggiata nei boschi e risotto mantecato all’Ossolano per cena.
  1. Comté AOP – Francia
    Souvenir d’Ungheria, regalo proveniente dal frigo di un amico di Budapest a cui ho confessato quanto amo il Comté e le sue note frutta esotica.
  1. Roccaverano DOP – Vesime (AT)
    Il primo caseificio in cui ho fatto esperienza. Note di yogurt e pane, pastosa ma con acidità in equilibrio tale da lasciare la bocca immacolata.
  1. Rigotte de Condrieu AOP – Francia
    Minuscolo formaggio di capra, stagionato sviluppa intense note di nocciola e fungo. Qui ho imparato a condurre il gregge ed è stato amore.
  1. Plaisentif – Val Chisone (TO)
    Il formaggio delle viole che si produce 1 mese l’anno in alpeggio. Fatto assaggiare a un gruppo di cicloturisti brasiliani, ora sigilla un’amicizia.
  1. Castelmagno DOP d’alpeggio – Valle Grana (CN)
    Quello che il mio bambino di 2 anni ha chiesto per merenda alla nonna incredula, abbinato a more di gelso essiccate. 
  1. Picón DOP – Spagna
    Erborinato dalle venature verdi, regalatomi dal produttore. Compagno di viaggio in una lunga staffetta di treni dalla Slovenia attraverso il Nord Italia.
  1. Piccolo Principe – Asti
    Formaggio di mia invenzione che non esiste più. Ottenuto dal latte delle mie capre. Memoria di un concentrato d’intensità e a volte di nostalgia.
  1. Blu di Cuneo – Cuneo
    Erborinato che non esiste ancora. Un bel progetto collettivo per dare identità a una tradizione senza nome, di cui ho l’onore di essere testimone.

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