Pascolo: nell’immaginario un’ovvietà, una frontiera nella realtà
Da un paio d’anni ho cominciato a interessarmi al tema del pascolo con un approccio più tecnico: l’immagine bucolica degli animali in libertà conserva sempre un grande fascino, ma dietro c’è molto di più.
Contrariamente a quanto si pensa, la maggior parte della popolazione di animali da latte nel nostro paese oggi non mangia erba.
L’alimento più comune negli allevamenti medio-grandi è l’insilato di mais, un foraggio fermentato dai costi ridotti, in grado di far produrre latte in abbondanza e con una certa uniformità di caratteristiche.
Negli ultimi 50 anni i prodigi della zootecnia industriale hanno catalizzato l’attenzione degli addetti ai lavori, cancellando secoli di tradizioni agricole in nome del progresso tecnologico.
Oggi le cose stanno cambiando, assieme alla percezione del sentire comune. I temi della sostenibilità, della salute e dell’etica cominciano ad acquisire un peso concreto.
Così, dopo un lungo periodo di assoluto disinteresse al tema, alcuni ricercatori hanno recentemente cominciato a occuparsi di pascolo.
Le qualità del latte da erba
Sotto il profilo nutrizionale e nutraceutico, per esempio, è chiaramente emersa una notevole differenza tra i formaggi ottenuti con latte da pascolo o da allevamento intensivo.
In particolare si è scoperto da uno studio del CNR che, comparando gli acidi grassi di latti “di pianura” con latti “di montagna”, l’alimentazione con erba e fieno comporta una notevole presenza di acidi grassi “buoni” sia nel latte che nel formaggio rispetto a quanto accade con un’alimentazione con insilati [Cfr. Dott.ssa Giovanna Battelli, CNR ISPA].
Per quanto mi riguarda, l’aspetto etico del benessere animale e di sostenibilità ambientale dell’allevamento estensivo sono già motivazioni più che valide per prenderne le parti.
Ma la prova scientifica della qualità del latte da pascolo relativamente alla salute umana assume importanza economica: apre un nuovo mercato.
Certo la strada è tortuosa.
Perché si generi una domanda tale da creare un vero e proprio mercato, è necessario un lungo lavoro di educazione del consumatore affinché possa dirsi consapevole delle proprie scelte.
Si tratta di spazzare via false credenze generate in 40 anni di disinformazione e di fare un po’ di luce sul funzionamento dei sistemi agricoli che producono il cibo che consumiamo.
Da parte dei produttori sono indubbiamente necessari investimenti e un grande sforzo di comunicazione.
La buona notizia è che qualcuno che ha iniziato a percorrere questa strada già c’è. Con più o meno consapevolezza delle potenzialità del proprio lavoro, in realtà molti allevatori italiani producono in modo estensivo.
Una Cheese Experience molto speciale
Qualche settimana fa ho avuto una bellissima occasione. L’opportunità di realizzare una delle mie Cheese Experiences per un pubblico molto speciale e piuttosto numeroso.
Si trattava dei migliori studenti degli Istituti Agrari di Piemonte, Basilicata e Puglia, selezionati per il RURALcamp, un progetto educativo del Mipaaf, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
Erano 75 tra studenti, insegnanti e coordinatori della Regione Piemonte.
Avevano richiesto un’attività di degustazione formaggi, da svolgersi a fine giornata presso l’hotel dove alloggiavano e la direzione ha pensato a me.
Solitamente non realizzo laboratori per gruppi così grandi, le mie attività sono normalmente pensate per un’atmosfera intima e raccolta.
Ma poter parlare del rapporto tra agricoltura e formaggio alle nuove leve del mondo agrario italiano era una tentazione.
La Cheese Experience aveva solo bisogno di essere adattata un pochino…
Cheese Experience per Rural Camp
Avevo in mente di proporre elementi di ragionamento su temi agricoli, ma soprattutto spunti d’ispirazione per ragazzi 18enni che da qui a qualche mese dovranno prendere decisioni importanti per la loro vita.
Il tutto veicolato da 3 formaggi in assaggio.
Quando i tempi sono ristretti e gli obiettivi elevati, l’unica soluzione è rivolgersi agli amici.
Ne ho scelti 3: 3 formaggi, 3 storie, 3 nuove generazioni, 3 modi di innovare.
Tutti e 3 hanno risposto prontamente, tanto che nel giro di poche ore, tra varie peripezie, sono riusciti a farmi avere il loro prodotto da 3 angoli di Piemonte, in tempo utile per il laboratorio.
Assaggi di agricoltura virtuosa
L’idea era di far conoscere ai ragazzi 3 esempi di successo di agricoltura virtuosa. Così abbiamo assaggiato:
- La Formaggetta Abate dell’Azienda Agricola San Lorenzo Arbiora – allevamento di capre allevate al pascolo tra i boschi delle colline dell’Alta Langa Alessandrina con caseificio aziendale. Tre giovani fratelli – Mariangela, Fedele e Davide – che hanno scelto di far crescere l’azienda fondata dal padre Francesco con l’idea di lavorare all’insegna della sostenibilità, della salute dei loro animali e della qualità del loro latte. Fabbricano ottimi formaggi di solo latte crudo di capra e in caseificio amano sperimentare, sia nelle tecniche di produzione che nella stagionatura, aspetto solitamente lasciato un po’ in secondo piano nei caseifici agricoli, soprattutto caprini.
Famiglia Lauria Robiole Caprette Il pascolo
- Il Castelmagno DOP di Tino Paiolo – allevamento di vacche di razza Bruna allevate tra pascoli estivi d’alta quota e fieni locali in Valle Grana (CN). La loro mandria vanta ogni anno primati per la longevità dei capi, accuditi nel rispetto dei loro ritmi naturali. L’azienda è gestita da Davide, terza generazione di una stirpe di imprenditori caseari del cuneese. Il suo modo di intendere l’azienda emerge chiaramente dalla grotta di stagionatura dei suoi formaggi: curata, organizzata e pulita. Per un produttore di formaggi DOP attento, è molto importante poter legare la qualità del proprio lavoro a un marchio riconoscibile, per poter conservare la propria identità nonostante l’ombrello di un etichetta comune. Tino Paiolo è questo: un marchio contemporaneo che rimanda a strumenti antichi e al tempo stesso un’azienda giovane che produce formaggi dalla tradizione millenaria.
Valle Grana Castelmagno DOP La grotta Razza Bruna Tino Paiolo
- Lo Stagionato Fit-Milk del Caseificio Montoso – caseificio artigianale di Bagnolo Piemonte, ai piedi della Val Pellice, che trasforma solo latte di produttori vicini.Due fratelli, Valentina e Fabrizio, sono la nuova generazione, la quarta, a capo dell’azienda. Da qualche anno hanno avviato il progetto Fit-Milk, latte da erba, in collaborazione con l’Università di Torino e soprattutto con alcuni allevatori che hanno scelto di seguirli. Si tratta di un progetto innovativo che volge grande attenzione alle caratteristiche del latte (relativamente soprattutto alla presenza di acidi grassi “buoni” dovuti all’alimentazione delle bovine con sola erba e fieno) e ai suoi effetti nutraceutici, in particolare nell’alimentazione degli sportivi. Un lavoro di ricerca, analisi e sperimentazione a partire dai campi foraggieri, passando per la stalla e il caseificio, fino al consumatore.